Perdere l’amore (ovvero: quando leggere diventa impossibile)

Ci sono individui che, pur lavorando con i libri, non perdono mai la passione per la lettura; al massimo diventano più severi e selettivi, ma riescono comunque a godere con pieno trasporto di un’opera riuscita, a sospendere l’incredulità al cospetto di una finzione, se questa finzione li appassiona; riescono a trarre informazioni stimolanti da un testo di saggistica (divulgativa e non) a prescindere dalla forma. Io da alcuni anni faccio molta più fatica. Limitando il discorso alla narrativa, se il ruolo del narratore non è in qualche modo giustificato intradiegeticamente, io non faccio che chiedermi “ma chi parla?”, e perché usa parole forbite e ricercate, metafore e similitudini, perché si sforza così tanto e in modo così risibile nel tentativo di affabularmi, quando dovrebbe limitarsi a farmi visualizzare gli eventi (e i processi mentali, e i dialoghi) e a starsene muto in un angolo?
In realtà già nel 2010, quando una nota professionista ci rivelò di aver perso qualsiasi entusiasmo per la lettura, durante un corso di editoria, io fui l’unico a non trovarci nulla di strano. Per alcune persone, per via del modo in cui ragionano, forse per un principio di disturbo ossessivo, a un certo punto leggere diventa una fatica. Faccio un esempio che in nessun modo vuole mettere in discussione la curatela dell’opera presa in esame per puro caso.
Ieri ho finalmente intrapreso una lettura ordinata di “Lezioni di letteratura russa” di Nabokov, ripubblicato nel 2021 da Adelphi (già Garzanti, 1987), del quale avevo letto soltanto alcune singole lezioni sparse. Ecco un esempio del mio ritmo di lettura:

– p. 9, terzo rigo: “obbedienti tentacoli guidati dall’enfio polipo dello Stato”. Era “polipo” già in Garzanti. In teoria sarebbe “polpo”, “octopus” nell’originale. Nabokov era un entomologo, aveva confidenza con la nomenclatura scientifica, posso immaginare che avrebbe preferito “polpo”. Scienze Naturali, che ne pensi?

– p. 15: “un bostoniano di vedute indipendenti che sposa una bellissima ragazza negra” (così anche in Garzanti). Originale: “an independent Bostonian, who marries a beautiful Negro girl”. Ok, sì, è un argomento complessissimo, ma in questo caso specifico, è davvero necessario il rigore filologico? “Polipo” sì e un più neutrale “nera” no? Che importanza ha quel “Negro” all’interno di un’analisi della letteratura russa? Un discorso è Twain, ma le lezioni di Nabokov sono del 1941, e va bene che… no, no, basta, a te interessa di Puškin e Gogol’, concentrati su Puškin e Gogol’, dietro ogni singola parola c’è un ragionamento, e dell’autore e del traduttore e del revisore, fidati, abbandonati, lasciati andare, pensa a Puškin e Gogol’, Puškin e Gogol’, Puškin e Gogol’.

– p. 20: “Innanzitutto, lasciatemi dire il dramma ‘Il revisore” e il romanzo… “. No, aspetto, “Il revisore”? Non ricordo. Qual è? Ah, io lo conosco come “L’ispettore generale”, tutte le edizioni in catalogo l’hanno intitolato così, soltanto Marsilio nel 1997 aveva preferito “Il revisore”, che poi è più fedele, soltanto che a me non dice niente. Già in Garzanti era “L’ispettore generale”, quindi ci deve essere un motivo per tornare a un titolo più fedele: mi appunto sulle note del cellulare di indagarlo, questo motivo.

– p. 22: “diciamo un Upton Lewis, tanto per non fare nomi”. Upton Lewis?” Non lo conosco, non mi sembra di conoscerlo. Interrompo la lettura, vado a cercare, altrimenti non capisco se Nabokov è ironico o meno. Scopro che Upton Lewis è una fusione di Upton Sinclair e Sinclair Lewis. Confesso che non ho letto nulla di nessuno dei due. Magari poteva starci una nota per spiegare il giochetto? Ma no, non l’avrei messa neanch’io, sono quei dettagli che purtroppo è necessario che si perdano. Cerco di concentrarmi sulla lettura.

– p. 27: “la bambinaia cercava di portargli via Anna Karenin…”. “Anna Karenin”, in corsivo, quindi è il libro, non la persona. “Anna Karenin”. Perché? In Garzanti è “Anna Karenina”. La conosciamo tutti come “Anna Karenina”. Il titolo originale è “Анна Каренина”. Soltanto alcune edizioni inglesi sono intitolate “Anna Karenin”, non tutte. Nell’originale Nabokov alterna le due forme con un’intenzione chiara, almeno credo (Denise Silvestri, mi sai dire qualcosa?), ma intanto per leggere 27 pagine ho impiegato quello che mi sarebbe bastato per leggerne 100.

Qualcuno sa di cosa parlo?

Informazioni su Mauro Maraschi

Mauro Maraschi (Palermo, 1978) è traduttore e redattore. È stato editor della narrativa italiana di Hacca, per la quale ha curato l'antologia ESC (2013). Ha tradotto, tra gli altri, "Complex TV" (minimum fax, 2017), "Masscult e Midcult" (Piano B Edizioni, 2018) di Dwight Macdonald, "Il codice delle creature estinte" (Moscabianca, 2019) di E.B. Hudspeth, e "Io cammino da solo" (Piano B, 2020) di Henry David Thoreau. Scrive per l'Indice dei Libri del Mese.
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