“Egli era marchiato dalla Natura, come quelle persone che in un circolo, in un caffè, per strada, attirano l’occhio dell’osservatore e lo impensieriscono. Se mai la parola strano, di cui si è tanto abusato nelle moderne descrizioni, si è applicata bene a qualcosa, è certamente al genere di bellezza di Poe. I suoi tratti non erano grandiosi, ma abbastanza regolari, il colorito bruno chiaro, la fisionomia triste e distratta, e per quanto non manifestasse né collera né insolenza, aveva qualcosa di angoscioso. I suoi occhi, singolarmente belli, parevano essere a prima vista di un grigio cupo, ma a un esame più attento, apparivano ghiacciati da una lieve tinta di un indefinibile violetto. Quanto alla fronte, era superba; non che richiamasse le proporzioni ridicole che inventano gli artisti maldestri, quando, per adulare il genio, lo trasformano in idrocefalo, ma si sarebbe detto che una forza interiore traboccante spingesse in avanti gli organi della riflessione e della composizione. Le particolarità a cui i frenologi attribuiscono il senso del pittoresco, non erano affatto assenti, ma parevano oppresse, ostacolate dalla tirannia altera e usurpatrice della comparazione, della composizione e della causalità. Su quella fronte troneggiava anche, in un calmo orgoglio, il senso dell’idealità e del bello assoluto, il senso estetico per eccellenza. Malgrado tutte queste qualità, quella testa non offriva un insieme gradevole e armonioso. Vista di faccia colpiva e costringeva all’attenzione con l’espressione dominatrice e inquisitoria della fronte, ma il profilo rivelava alcune assenze; egli aveva una immensa massa di cervello in avanti e all’indietro, e una quantità mediocre al centro; infine, una enorme potenza intellettuale e animale, e una mancanza nel luogo della rispettabilità e delle qualità affettive”
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